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venerdì 16 gennaio 2015

Budino allo yogurt e pesche sciroppate - da Jerusalem di Yotam Ottolenghi

La ricetta di oggi viene da un libro la cui presenza sui miei scaffali è estremamente simbolica. Da una parte, infatti, simboleggia il mio essere estremamente e distruttivamente compulsiva negli acquisti, dall'altra la mia passione per la cucina etnica in senso lato.

Uno dei ricordi più vividi della mia infanzia e prima adolescenza sono le lunghe vacanze estive di famiglia. Di anno in anno si sceglieva una meta e ci si trapiantava letteralmente lì per un periodo piuttosto esteso, direi mai inferiore alle due settimane. Il numero dei partecipanti variava, ma in un paio di occasioni abbiamo toccato quota dieci (o dodici, non ricordo bene). Insomma, vi lascio immaginare perché non siano esperienze facili da dimenticare! ;)
Il bello di avere la fortuna di poter trascorrere così tanto tempo nel proprio luogo di vacanza è che si ha l'opportunità di entrare appieno nei ritmi quotidiani di un paese straniero. E nella quotidianità, ovviamente, il cibo gioca un ruolo non secondario. Io non ricordo tutto alla perfezione, ma diversi testimoni confermano che io non abbia mai, neanche nei primissimi viaggi, avvertito la mancanza della pasta al sugo. Lasciatomi alle spalle il confine italiano, mi lanciavo piena di gioia e curiosità all'assaggio di ogni specialità locale (e non solo) mi si presentasse a portata di forchetta.
I miei zii ricordano ancora con un certo divertimento il giorno in cui mi portarono con loro, anche se un po' preoccupati, in un ristorante giapponese a Dublino. Avevo nove anni, e non avevo idea di cosa fosse il sushi. Circa trenta secondi dopo l'arrivo delle portate i due mi osservavano, a metà tra il sollievo e lo stupore, mentre spazzolavo senza esitazioni zuppa di miso, verdure in tempura e pesce crudo di ogni forma e dimensione. La mia voglia di assaggiare tutto era irrefrenabile.
Un orrendo Irish Stew in un vecchio pub alle isole Ahran, qualsiasi piatto di maiale concepibile in Germania, aragoste, bistecche e cibo cinese negli Stati Uniti, il Fish and Chips in Inghilterra, la paella in Spagna, il couscous in Marocco, il cibo cucinato in strada dalle donne dei villaggi della Cappadocia. Non ricordo di aver mai avuto paura di provare sapori nuovi. E in ogni caso, la forchetta è sempre arrivata prima della paura.

Provo a restringere il campo per avvicinarmi di più al tema del libro e della ricetta in questione. Negli ultimi anni ho sviluppato un amore spassionato per la cucina mediorientale, amore che ho potuto coltivare direttamente a Pisa, senza spostarmi di un centimetro dal mio appartamento da universitaria. Al piano inferiore, infatti, viveva (e vive ancora, sono io che mi sono spostata) una coppia siriana. Non conto più le volte in cui, rientrando in casa dopo una giornata di studio venivo inebriata dall'odore di spezie che inondava l'androne del palazzo e le scale. Mi lanciavo di corsa all'ultimo piano, nella speranza che, come accadeva piuttosto spesso, un piatto di quelle delizie fosse arrivato come omaggio anche a casa nostra. Con le altre coinquiline, analizzavamo e annusavamo il piatto cercando di scoprirne gli ingredienti. Ricordo le serate estive che trascorrevamo nascoste dalle tapparelle per goderci l'odore dell'agnello arrosto senza farci vedere (altrimenti che figura...!). E il giorno in cui al piano di sotto si macinavano le spezie, con gli odori che riempivano la casa, e noi in attesa di un barattolino in regalo che avremmo poi conservato come una reliquia.
Ma l'estasi olfattiva si accompagnava al tormento di non essere in grado di riprodurre quelle meraviglie. Eh sì, perché nessuno mi toglierà dalla mente che, per quanto brava io possa diventare, non avrò mai nel sangue il dosaggio perfetto delle spezie, la capacità di usare il giusto quantitativo di cannella per esaltare il sapore della carne... Così come non mi convinceranno mai che Gordon Ramsay, con tutte le sue stelle Michelin, sappia fare i ravioli meglio di mia nonna!
La cucina è un'arte viscerale.
È per questo che ho deciso di chiedere aiuto a un esperto, anzi a due esperti, e ho comprato Jerusalem di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi. Un libro che è un ode alla cucina e alla cultura mediorientale, e del quale credo che sentirete ancora parlare. ;)

Devo fare un'annotazione prima di cominciare. Ho fatto una piccola modifica alla ricetta, che invece delle pesche sciroppate prevedeva di preparare delle pesche affogate all'arak. Ingrediente che ovviamente mi mancava :) Avevo in casa le pesche sciroppate e ho usato quelle.

Budino di yogurt con pesche sciroppate

Ingredienti
4 fogli di gelatina (in tutto 7 gr)
200 ml di doppia panna (va benissimo la panna fresca semplice)
200 ml di latte intero
90 gr di zucchero extrafine
1 baccello di vaniglia privato dei semi
scorza grattugiata di mezza arancia
200 gr di yogurt greco



Preparazione
Mettete i fogli di gelatina in una ciotola con abbondante acqua fredda e lasciateli ad ammorbidire per qualche minuto. Versate la panna e il latte in una piccola casseruola con lo zucchero, il baccello di vaniglia con metà dei suoi semi e la scorza di arancia. Su una fiamma media portate a ebollizione e togliete immediatamente dal fornello. Tirate fuori dalla casseruola il baccello di vaniglia.
Mettete lo yogurt in una ciotola di media dimensione e mescolate senza sosta mentre aggiungete il latte caldo e la panna versandoli adagio. Spremete l'acqua dai fogli di gelatina, mettete anch'essi nella ciotola e rimestate fino a che si sciolgono completamente.
Mettete la mistura in quattro singoli stampi da 150 ml che metterete in frigo per almeno 5 ore. Potete anche lasciarceli per una notte intera, coperti da pellicola trasparente.
Al momento di servire, per qualche minuto mettete gli stampi in un recipiente con acqua molto calda, per facilitare l'estrazione dei budini. Nel frattempo, su una griglia calda cuocete le pesche fino a che siano leggermente caramellate. Capovolgere gli stampi dei budini su piatti da portata e accompagnare con le pesche grigliate.

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