Ah, i Tedeschi.
Un popolo complicato e affascinante. Sì, anche affascinante. A patto di non fermarsi allo stereotipo del calzino da trekking con i sandali. O, peggio ancora, arrestarsi al pregiudizio al quale gli orrori del nazismo sembrano averli condannati.
Perché in realtà sono secoli che i Tedeschi (ma sarebbe più esatto dire tutti i popoli di lingua tedesca) sono esploratori degli abissi. Abissi del pensiero, della psiche, della musica, della letteratura… e purtroppo anche della malvagità. Ammesso che quest’ultima non sia, in fondo, soltanto una banalità.
Mi accorgo solo adesso che lo scorso martedì è stato il giorno della memoria. Giuro che non avevo affatto programmato questo post come un commento all’evento, anche perché trovo che ci sia poco da commentare senza scadere nel banale e nel trito e ritrito. O forse, per essere più onesta, non c’è nulla che io possa dire senza suonare banale o estremamente pesante
Un popolo complicato e affascinante. Sì, anche affascinante. A patto di non fermarsi allo stereotipo del calzino da trekking con i sandali. O, peggio ancora, arrestarsi al pregiudizio al quale gli orrori del nazismo sembrano averli condannati.
Perché in realtà sono secoli che i Tedeschi (ma sarebbe più esatto dire tutti i popoli di lingua tedesca) sono esploratori degli abissi. Abissi del pensiero, della psiche, della musica, della letteratura… e purtroppo anche della malvagità. Ammesso che quest’ultima non sia, in fondo, soltanto una banalità.
Mi accorgo solo adesso che lo scorso martedì è stato il giorno della memoria. Giuro che non avevo affatto programmato questo post come un commento all’evento, anche perché trovo che ci sia poco da commentare senza scadere nel banale e nel trito e ritrito. O forse, per essere più onesta, non c’è nulla che io possa dire senza suonare banale o estremamente pesante
Combinazione, però, il libro del giorno sembra
parlare al posto mio, ed è certamente in grado di farlo meglio, con una lettura
degli anni bui della storia tedesca decisamente interessante e poco
convenzionale. Ma forse parlare di combinazione non è esatto. Fa pensare ad una
circostanza fortuita, ad una casualità con scarse possibilità di ripetersi. A
ripensarci, però, le probabilità di scegliere un libro scritto nel secondo
dopoguerra da un autore di lingua tedesca che sia del tutto privo di
riferimenti agli anni bui del nazionalsocialismo mi sembrano piuttosto basse. Se
a questo si aggiunge che l’autore è un austriaco di origini ebraiche costretto
alla fuga per sfuggire ai campi di sterminio, le probabilità si abbassano
ulteriormente. Cerco di dare un taglio a queste riflessioni in stile “giorno
della memoria”, soprattutto perché temo di dare l’idea sbagliata del libro, che
invece merita di essere preso in considerazione senza timore di trovarsi
davanti all’ennesima opera sull’olocausto (a dispetto di quanto detto finora
non lo è, lo giuro!).
La novella degli scacchi è un racconto breve, che si legge tutto d’un fiato. Su una nave che collega New York a Buenos Aires sale il campione mondiale di scacchi. Alcuni passeggeri, incuriositi dalla sua presenza a bordo, lo invitano a giocare una partita contro di loro. Lo scontro sta per risolversi in una inevitabile umiliazione, quando l’intervento a sorpresa di un altro passeggero cambia le sorti del gioco e, aggiungerei io, del romanzo. Ebbene sì, perché se fino a quel momento l’attenzione del lettore era tutta concentrata sulla psicologia del campione, di punto in bianco l’interesse si sposta. Chi è l’uomo misterioso? Perché, anche se dichiara di non giocare a scacchi da decenni, le sue mosse sono state così strategiche da mettere in difficoltà il campione del mondo in carica?
È proprio la risposta a questi interrogativi che trasforma la breve novella in un piccolo capolavoro. In un lungo monologo il misterioso passeggero racconta la sua storia, un racconto che è al tempo stesso una riflessione sulla condizione umana, sulla straordinaria forza e l’estrema debolezza della nostra mente. Cosa succede alla nostra mente se si confronta troppo a lungo con il nulla? Fa più male il dolore fisico o la totale assenza di stimoli? Quanto profondo è il nostro bisogno dell’arte, della letteratura, della parola? E quanto, e con quale determinazione, sappiamo aggrapparci alla vita?
Una novella da incorniciare, e un libro da leggere, rileggere e rileggere.
A venerdì,
Rachele
La tua recensione mi ha incuriosito, non conosco l'autore e questa novella sembra proprio ideale per incontrarlo. Il fatto poi che sia la sua ultima opera prima del suicidio (wikipedia docet!) le dà un'accezione testamentaria che ne aumenta l'interesse.
RispondiEliminaSe qualcun altro vuole approfondire l'ebook si trova qui: http://www.newtoncompton.com/libro/978-88-541-6972-2/
Sì, tral'altro il fatto che la Newton Compton na abbia pubblicato una versione anche cartacea a 1,90 € non guasta! La traduzione peraltro mi sembra molto ben fatta :)
EliminaAllora buona lettura, e io credo che approfondirò con altre opere di Zweig.
Ciao ho scoperto il tuo blog da pochissimo!!! Dopo quando ho tempo mi iscrivo! Ho letto questo libro ed è favoloso lo amo @_@
RispondiEliminaBuone letture e a presto ;)
Grazie mille!
EliminaA presto, spero :)